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Ero in Perù, a Quinharagra, per i miei 4 mesi,
tra giugno e ottobre del 2000, con Antonella,
Monica e Pino.
Trovarmi di fronte alla povera gente mi
faceva sentire un ipocrita, idiota.
Mi rendevo conto di essere povero anch’io,
povero dentro.
Povero nei pensieri.
Povero nel cuore.
Davanti a questo solo la voglia di stare in
silenzio.
Di fare la carità, e non ero neanche tanto
capace, me ne rendevo conto.
Regalare, svuotarmi, piangere.
Così, in questi momenti in cui mi sentivo
piccolo piccolo alzare lo sguardo mi
regalava quasi un sorriso.
L’immensità del cielo, di quelle stelle
che a 4000mt in un luogo incontaminato
apparivano più brillanti che mai.
Quelle stelle che mi dicevano che si
poteva fare.
Che mi potevo fidare di loro.
Dell’OMG.
Che era da pazzi, ma era l’unica strada
possibile che avevo trovato
per poter guarire il mio cuore dal non
senso della vita. Volerlo gridare.
Dirlo a tutti.
A tutti quelli come me.
Che è possibile.
Che c’è.
Un sogno ribelle.

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