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SCENDE LA NOTTE
Scende la notte a Wecroncocha,
tutto tace a Yakuywarmi;
sono solo e io canto, oh Madre mia!
Sotto il tuo manto, Ave Maria.
Sotto il tuo manto, Ave Maria.
Scende il buio sulla terra,
adesso scende
la tristezza nel mio cuore;
sono solo e io canto, oh Madre mia!
Sotto il tuo manto, Ave Maria.
Sotto il tuo manto, Ave Maria.
Rogger ci ha mandato qs scritto per
raccontare di un suo viaggio con Ugo e
la storia di questa canzone.
“Llega la noche”
Non ricordo bene l’anno, era una di quelle
uscite che facevamo sempre, si partiva la
domenica pomeriggio da Chacas,
dormivamo ad Acochaca e partivamo al
mattino presto successivo perché c’erano
delle messe prenotate in ogni caserio:
Palcas - Lluychus - Sapchà e tanti altri e il
giorno dopo eravamo di ritorno a Yanama.
Si arriva a Wecroncocha, un paesino molto
povero, una ventina di case sparse di gente
che lavorava la sua terra. Entriamo in una
cappellina molto piccola, con il tetto di
paglia e un tronco a forma di croce di fronte,
molto umida, probabilmente anche a causa
della pioggia che entra da qualche parte;
al suo interno c’erano queste venti persone
ad aspettarci per la messa. Finita la messa
mangiamo qualcosa (pane con tonno) e
poi ci addentriamo nella valle perché padre
Ugo aveva deciso di prendersi un po’ di
tempo per dipingere.
Verso le due del pomeriggio ci fermiamo,
tira fuori tutto il materiale per dipingere:
i colori, il telo, la sabbia…
mentre lui cerca con attenzione il
paesaggio da dipingere, la postazione
ideale per farlo, io sistemo la tavolozza
con i colori e preparo la sabbia grossa e
quella fine, con tutto pronto per
posizionarlo nel posto scelto
dal padre Ugo.
Trovato il posto disegna veloce e
comincia a dipingere il primo e poi il
secondo quadro, ma non si è accorto
che sta diventando tardi, il sole sta andando
via e comincia a fare freddo, ma quando
doveva finire un quadro ed era concentrato
non si accorgeva di nulla, non voleva
perdere la luce.
Finalmente finisce, mettiamo via di
corsa le cose e torniamo verso la
cappellina che era l’unico riparo più
vicino per dormire.
È buio e fa freddo, accendiamo una,
due candele e prepariamo un angolo
della cappella per dormire. La gente, nel
frattempo, ci aveva portato un po’ di
paglia e prima di addormentarci
mangiamo un po’ di pane rimasto
dal mezzogiorno con un po’ di cioccolato.
Ad un certo punto mi accorgo che il
padre non sta bene: aveva il rosario
in mano, era pallido, comincia a tremare,
come se avesse la febbre, così gli
preparo il letto con abbondante paglia
e andiamo a dormire.
Passato un po’ di tempo sento che si
lamenta, trema e non riesce a parlare.
Penso: “cosa avrà? sicuramente avrà
preso freddo”.
“Cosa faccio? è buio pesto, c’è silenzio.
Chi chiamo?”.
In quel posto non conoscevo nessuno,
se avessi gridato nessuno mi avrebbe
sentito perché la cappella era vicina al
fiume e si sentiva solo rumore
del fiume.
La prima casa vicina si vedeva lontana,
di fronte a noi. Cerco di coprirlo di più,
accendo il fuoco e metto a bollire un po’
di acqua, preparo abbondante tè caldo
e glielo faccio bere. Eravamo tutti e due
spaventati, lui aveva tanta paura della
morte (lo faceva vedere spesso) e io
avevo solo 12/13 anni non sapevo
cosa fare, solo aspettare.
Ad un certo punto si sentono dei cani
abbaiare, lui nel frattempo si era
addormentato, poi sento il primo canto
del gallo e mi tranquillizzo perché
il giorno si sta avvicinando e così
possiamo chiedere aiuto a qualcuno.
Verso le sei del mattino si sveglia,
mi guarda, mi sorride e mi
incoraggia dicendomi:
“sto bene, sto bene ma ho avuto
tanta paura di morire!”
Così tornati a casa mi chiese di
aiutarlo a scrivere questa canzone.

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