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IL CORNO
Vivrò nel campo, nel campo triste,
dove suonano il corno,
lo suono anch'io, lo suono anch'io.
Che giorni tanto belli
passavo con lei,
perché io l’amavo
con tutta la tenerezza;
per lei piango, per lei piango.
Perciò, viandante, se per caso la trovi
dille che senza di lei
io non esisto, io non esisto.
Perché per il nativo
basta il suo corno,
che suona sulla sua tomba
quando il sole muore,
quando il sole muore,
quando il sole muore.
Ogni chacasino sull’altopiano canta
alla sua Madonna
con il suo flauto e la sua voce,
con il suo flauto e la sua voce.
Cara Mamma, Tu mi vuoi bene,
anche io te ne voglio
e mi rallegro
nel suonare per te,
nel suonare per te.
1984: il padre Ugo prende in prestito
un canto dell’Ecuador e vi aggiunge
le ultime due strofe dedicandole a
Mama Ashu e ai campesinos che,
mentre portano al pascolo gli animali
nell’altopiano peruano, invece della
bocina ecuatoriana, suonano la quena.
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